Bricks are a common building material; they’re used in homes and other structures. They are made from clay, stone or another material mixed with water. Many ancient countries used bricks as a building material. Historical bricks recall ancient history and culture. Each country has its own style of historic brick construction which is passed down through generations. In addition, many historical bricks contain historical significance from the original building project they were used in— making them valuable even if they’re not aesthetically pleasing on their own.
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Intervento di Luciano Semerani Convegno Internazionale " La Ricerca in Composizione Architettonica: La Scuola di Venezia" 30-31 Gennaio 2020 Ho chiesto di sostituire Antonella Gallo che aveva preparato un intervento di cui c’è un abstract e che avevamo concordato insieme sotto un titolo “Architettura: ricerche di confine”, perché l’argomento che lei intendeva trattare, anche senza immagini come farò io perché non ho immagini, e anche se improvviso questo discorso, è molto importante. Noi abbiamo, credo in 10 casi almeno, messo sul nostro tavolo di dottorato territori che non sono urbani; quindi senza negare questa tradizione di un rapporto privilegiato dell’architettura con la città e con la sua storia, quando siamo andati in Cile, in Messico, in Brasile, a Cuba, almeno una decina di volte abbiamo prodotto delle ricerche che aiutano secondo me ancora oggi a superare dei luoghi comuni, direi addirittura delle banalità, che qualche volta sono anche state tirate in ballo negli interventi che mi hanno preceduto, e per questo ho chiesto di intervenire adesso. Queste banalità sono delle contrapposizioni per esempio tra un’architettura piccola e un’urbanistica grande, che tiene dentro l’architettura. Io ho insegnato urbanistica per 4 anni in una facoltà di ingegneria e nessuno può dire che noi, allievi in particolare di Samonà, non abbiamo coltivato questa relazione tra l’architettura e l’urbanistica ma l’accomunazione dell’una e dell’altra si sovrappongono in modo tale che senza l’architettura, l’urbanistica non serve a nulla. Questo lo posso dire perché la mia età me lo consente, e l’esperienza. Io sono stato prima docente di urbanistica e poi di composizione architettonica perché il mio maestro Giuseppe Samonà diceva che non ero ancora maturo per la composizione architettonica e in tutta la sua vita Giuseppe Samonà ha avuto molta difficoltà a parlare del linguaggio dell’architettura. Diceva che l’architettura da sola è come una donna nuda: oscena; giudizio da meridionale nato nel 1899, tuttavia molto calzante perché voleva dire che il linguaggio alla fine è una questione che riguarda l’autore, e il concetto dell’autorialità. Nel caso dell’architettura è quello che viene messo in discussione, anzi, viene combattuto anche attraverso le leggi in tutta la vicenda attuale in cui l’architetto diventa designer, si occupa di moda nel sistema dello star system oppure appartiene a questo sottobosco di intellettuali che non sono capaci di fare altro che insegnare nelle università, anzi, che per legge non devono lavorare se sono a tempo pieno. Ora proprio il nuovo mondo, l’America Latina ma anche altri continenti che sono distanti dalla nostra tradizione di studi, che è quella europea, non solo italiana, ci insegnano che alcuni argomenti che ha tirato in ballo adesso questo bravissimo Ildebrando Clemente, ci dicono che l’architettura, è vero che ha come compito di far star bene le persone, però diceva Wright, l’architettura ha il compito di far felici le persone e allora il problema è più delicato perché con la felicità c’entra il desiderio e con il desiderio c’entra eros e c’entra l’inconscio. Eros visita ogni notte l’anima, psiche, e allora parlare semplicemente di uno spazio urbano o architettonico in cui si sta bene è una forma di adesione ad un consumismo molto spiccio, molto banale, di cui c’è una possibilità diversa di interpretazioni.
Le opere degli architetti dell’America latina che abbiamo studiato sono “al confine”. Secondo alcune interpretazioni “il confine” è il “non luogo” dove l’architettura perde senso, non ha più spazio, non ha più ragione d’essere, perché la metropoli, perché le favelas, perché la periferia, non hanno niente da avere dall’architettura nella loro miseria umana, economica e sociale. Ora quello che doveva illustrare Antonella Gallo erano due lavori di Lina Bo Bardi . Abbiamo lavorato per due anni su Lina Bo Bardi, con un gruppo di ricercatori di dottorando. Altri che hanno lavorato per un periodo a questo tema, Giovanni Marras e Antonella Gallo, sono stati per due o tre mesi a San Paolo a mettere ordine tra il materiale che c’era, in disordine, nella casa abbandonata della Lina Bo Bardi. Lina Bo Bardi ha fatto due cose che non sono né architettura né urbanistica, e non sono neanche un museo e neanche un centro sociale. Si possono catalogare fra i musei d’arte contemporanea o d’arte, si possono catalogare fra i servizi sociali che le diverse metropoli si sentono in dovere di realizzare ma entrambi sono invece delle grandi invenzioni architettoniche che si confondono quasi con i manufatti infrastrutturali. Sono dello stesso livello dimensionale di alcuni pezzi di autostrada, di ponte, di diga, che noi consideriamo opere di ingegneria e nello stesso tempo però contengono una carica di interpretazione umanistica che solo Lina Bo Bardi è stata capace di realizzare. E’ qui che entra in scena il tema dell’autore, il problema della ricerca lunga dell’autore per raggiungere un risultato, ecco prima della ricerca lunga nostra sull’oggetto realizzato, che non è più né un piano né un edificio ma è un contributo all’immagine e alla vita insieme della città, in questo caso non è più della città ma della metropoli. Ora il fatto che l’architettura possa caricarsi dei problemi della metropoli era una cosa da dimostrare e noi l’abbiamo dimostrata con il nostro lavoro di ricerca. Cosa vuol dire caricarsi dei problemi della metropoli? Intanto Lina Bo Bardi si porta dietro due esperienze molto importanti che l’hanno formata, il lavoro con Giò Ponti e l’amore con Pietro Maria Bardi . Voi sapete che Pietro Maria Bardi oltre ad essere stato uno dei due direttori di Quadrante dava anche del tu a Mussolini. Secondo alcuni era anche un poco imbroglione perché da antiquario d’arte moderna, d’arte contemporanea, era riuscito a trovare un tale modo di procurarsi le opere di tutto il mondo , da Bruegel a Picasso e ottenere da un miliardario brasiliano, forse attraverso dei ricatti, i soldi per fare un museo che non aveva dentro né la cronologia delle opere , né le scuole di pittura né la esposizione basata su quella che è la logica di una comprensione razionale . Un museo fatto per un popolo ignorante, come era quello brasiliano, un museo che diventava uno scatolone di vetro sospeso su degli zamponi enormi al di sotto del quale poteva incontrarsi la gente della metropoli per fare feste, fare mercato, fare assemblee politiche. Tutte quelle cose che si dicono sempre nei partiti di sinistra, di destra, che devono essere offerte dalla città. Ma l’idea era che la parte profonda della civiltà europea stava sopra questa forma di vita popolare che fra l’altro teneva conto di un parco ma non solo, si impasta con un viadotto sotterraneo di una grande arteria che attraversa la città. Il museo , anzi il Masp, museo d’arte, è tutta l’arte: è tutta l’arte senza l’arte. E’ tutta l’arte su cavalletti, perché? Perché Bardi conosceva l’empatia, conosceva il fatto che anche dentro l’ultimo servo della gleba, l’ultimo nero figlio di gente che stava con le catene al polso, c’è una sensibilità a delle emozioni e a dei valori che l’architettura e la scultura possono esprimere meglio della parola e meglio di quello della didascalia e forse meglio anche di quello di un certo cinema che si faceva allora a Cuba. Quindi non è vero che l’architettura non serve alla metropoli, all’opposto, l’architettura inventa un museo che non c’è mai stato, un modo di fare il museo, inventa una tipologia costruttiva che non c’è mai stata. Neanche in Brasile c’era ancora e inventa una possibilità di interrelare infrastrutture, i cosiddetti spazi urbani. Diciamo quello che sono: un parco, una piazza coperta, una infrastruttura autoviaria, una galleria e tutto in un punto in cui, lungo le arterie di questa metropoli che non ha nessuna urbanistica, si notano invece in questo snodo, in questo punto, una pausa, un polo di attrazione, un polo che non unifica niente ma che consola, che da gioia di vivere ma la gioia di vivere attraverso l’intestino, attraverso il cuore, attraverso l’inconscio, non attraverso procedimenti razionali e didattici. Il Sesc, il centro sociale che viene fatto dentro una fabbrica, sempre a San Paolo, in un territorio dove c’è una fabbrica abbandonata, una bella struttura metallica, ma in un territorio che è tutto circondato da grattacieli, da forme di speculazione immonda. Io conosco bene l’urbanistica di San Paolo perché il capo dell’ufficio tecnico urbanistico di San Paolo è triestino, è un ebreo triestino, perché lo conosco, perché faceva parte di un giro di miei amici ebrei triestini che mi hanno indirizzato a lui. L’urbanistica a San Paolo, come questa che fa da Rocha adesso, è frutto di una contrattazione immonda fra interessi privati che vengono in qualche modo conciliati, tutto questo non impedisce di avere la volontà di combattere per realizzare un centro sociale in cui la gente va a leggere tutte le riviste, in cui la gente si trova dei pasti a basso prezzo in cui si può prendere il sole, si può giocare a pallone, si può giocare a lotta libera e si può anche andare a teatro. Questa invenzione, questa commistione, questa cosa che ovviamente qualunque architetto con qualunque amministrazione può pensare di realizzare per i propri cittadini, qui viene realizzata da una società privata e cerca di temperare il grandissimo contrasto che c’è tra una miseria diffusa dentro a questa città e una classe dominante ricchissima e estremamente ristretta. Allora tutti questi fatti di carattere sociale o di carattere culturale in definitiva sono soggetti a una scelta politica. Lina Bo Bardi nonostante suo marito avesse dato del tu al duce aveva anche fatto il Tavolo degli Orrori che lo aveva messo in disgrazia presso Mussolini, Lina Bo Bardi era una gran signora, comunista, tant’è vero che ha avuto anche dei problemi con il regime dei militari, una intellettuale progressista, che è riuscita anche a Bahia, dentro una città che è la città dei carnevali, al massimo, ad inventare una struttura universitaria, aiutata da un rettore intelligente, in cui si apriva un sogno irrealizzabile, poi fallito, di un disegno di prodotti industriali che scaturisse dalle radici culturali di quel popolo. Allora penso che sia importante per far giustizia non soltanto di queste stupide contrapposizioni tra urbanistica e architettura, c’è un pensiero unico che lega queste cose, riuscire a trovare la soluzione per farle vivere, per farle cantare, per farle rispondere a un desiderio. E cos’è il desiderio? Cos’è eros se non altro che questo, un amore generalizzato anche per i non abbienti, anche verso il popolo, che non si confonde con ricette e con slogan, che non si sogna minimamente di parlare di partecipazione come si fa spesso e come faceva De Carlo ma invece persegue quei mestieri che via via vengono acquisiti con l’esperienza e con la fatica, persegue questo compito che l’architetto può ancora avere con tutte le difficoltà che ci sono e per motivi che non sono vani. Esistono delle leggi per cui l’architetto è costretto a vivere questa dimensione professionale, anche universitaria, che derivano da una scelta di fondo, la scelta di azzerare la funzione pubblica a favore di quella privata, non soltanto negli ospedali, non soltanto nelle scuole ma anche nelle professioni, nella nascita delle cooperative e delle engineering come interlocutori della pubblica amministrazione attraverso quei meccanismi che sono stati dettati per gli appalti concorso e per azzerare la qualità nei concorsi in generale.. Non esiste una contrapposizione tra teoria e prassi esiste una contrapposizione tra l’idea che il mercato possa regolare tutto e possa far giustizia di tutte le contraddizioni e un’idea opposta in cui si deve sempre pensare che le contraddizioni richiedono delle battaglie per essere combattute, e devono essere combattute anche se non sempre si può vincere, grazie. (in the picture Sesc, Lina Bo Bardi) Evaluating your needs
So you have been thinking about your house and you’d like to make some changes. Maybe you need a new kitchen or a bigger bathroom. Maybe you want to turn your bathtub into a shower or just rethink the spaces in your house to adjust them to your new needs. All these ideas and more are possible so where do you start? Some people start from talking to a contractor, because they want to get a quote to find out how much money they would spend to do what they want to do. This is absolutely understandable but it may not be the best way to start. Let me explain you why. The contractor doesn’t have a full perspective on what you can and cannot do in your house. Contractors are not architects and they lack the knowledge about administrative rules and regulations that architects have and they may lead you astray. Contractors are best consulted when you have a project well thought by an architect. In the specific case of Venice then, given it’s historical and artistic importance, rules and regulations guide almost anything that happens inside and outside your house. Moreover a contractor will give you a quote based on very generic renovation works, with generic materials, generic details and no attention on where the furniture will be therefore no attention on electric systems, heating systems and so on. A contractor will give you a quote based on no project so you can rest assured your quote will be very different once the works are complete. To have a good perspective on what to do and how much it will cost your renovation work, going to a contractor will only give you a false idea. To have a realistic idea of the process you will face during a renovation and the costs you can expect you are better off talking to an architect first. How much does the architect cost? Surprisingly, talking to an architect about your renovation plans doesn’t cost anything. On your first talk to the architect of your choice you will understand the path you will have to follow in order to realize what you want and upon request you will receive a quote for the services that you have asked for. These may vary from the basic mandatory architectural services needed to satisfy the standards of the administration to the optional ones like renderings, interior design, custom furniture design, lighting project and so forth. Talking to an architect will make your idea clearer because the architect will help you understand what are your real needs and what are the options you have to meet those needs. A restauration work is not just something you do to make your house more comfortable, it’s an investment that will add real value to your home. You will profit from this value from the moment in which you will start living in it to the moment in which you will sell your house for whatever reason. (in the picture Fausto Melotti by Ugo Mulas) And what you can do about it If you had a ground floor in Venice chances are you’ve suffered the historical high tide of November 2019. High tide in Venice occurs mainly between autumn and spring and it depends on various factors, some astronomical, some meteorological, linked specially to direction and strength of winds and some are due to human modifications that had a severe impact on the city capacity to withstand the high tide phenomenon. At the moment there is no way to avoid it. The Mose The biggest intervention that has been done to avoid the high tide in Venice is The MOSE project. MOSE stands for Modulo Sperimentale Elettromeccanico, i.e. "Experimental Electromechanical Module” and it has been under construction since 2003. The project should significantly reduce the effects of exceptional high waters but not those of lesser, yet damaging, tidal events. The MOSE is a temporary barrier that can be raised to protect the city from exceptional high tides. However there are some things you can do to protect your apartment from being flooded. The Paratie These add ons are typically seen around Venice. They are bulkheads made of steel applied by the door to prevent the water from entering the house. Easier said than done because along with these systems of protections the floor of the apartment must be reinforced with concrete till 30/40 cm high up the wall. This installation is called Vasca di Contenimento Acque i.e. Water Containment Tank. This prevents the pressure of the water from making it’s way through the floor and entering the house, even if you have installed the paratia by your door. Vasca Contenimento Acque
The apartment floor will have to be removed and excavated about 40/60 cm deep. That’s were the cement slab will be poured. Then a new flooring will be installed so the next time there is a high tide all you have to do is set your paratia in place and wait for the tide to subside. A little tip is to install a thermal insulation underneath the new flooring and your apartment will be not only dry but also warm. |
AuthorI am an architect living and working in Venice ArchivesCategories |